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sabato 23 febbraio 2013

Il voto utile? Si, per farvi spennare


Cultura e Società Politica
La gara dei polli sta per iniziare. Si stanno raccogliendo le scommesse su chi vincerà. Il tifo è alle stelle e la lucidità mentale è sparita da tempo.

Ormai si combatte a colpi di slogan collettivisti e di tale idiozia da ritenere il tifoso privo di capacità mentali: dai redditi di cittadinanza regalati nelle patatine, alla restituzione delle tasse pagate, fino all’abbassamento delle tasse da parte di colui che le ha aumentate ieri, oggi e domani decidendo aumenti per il prossimo lustro (IVA, imposte sui bolli, TARES, multe), ce n’è da sbizzarrirsi.

E’ la sagra del collettivismo, l’importante è spararla grossa, apparire sui giornali, sulle vignette in facebook, esaltare la propria tifoseria, illuderla, comprarla con qualche panzana. Ormai il popolo crede che il governante possa fare quello che vuole una volta al potere, e’ disposto a dargli ancora più potere e privarsi di ogni libertà, purché il processo di irresponsabilizzazione continui e sia qualcun altro a pagare il pasto che oggi viene consumato (illusoriamente) gratis.

Il conto sarà salato, ma tanto pagherà il perdente.

Nella fila di polli allineati sulla linea di partenza non c’è traccia di un programma che punti alla riduzione dello Stato, al suo arretramento dall’ingerenza nella vita delle persone. Tutti i politicomani reclamano più potere per fare il “Bene Comune”, addirittura vogliono nazionalizzare quei campioni di irresponsabilità istituzionalizzata che sono le banche, diventate giocatori d’azzardo, consumatori abituali e assuefatti di derivati. Ma lasciatele fallire! ...

Chissà perché comunque il popolo brama di esercitare il proprio voto, sono tutti convinti che questa volta sia diverso e tutte queste panzane si realizzeranno. Si sa che la speranza è l’ultima a morire. Intanto sono sicuramente morte, la lucidità, il raziocinio, la capacità di giudicare quando si ha di fronte un racconta-palle, le nozioni base di economia sana (risparmio, sacrificio, rischio, responsabilità) e soprattutto la propria dignità: invece di mandare a quel paese i protagonisti indiscussi dello sfacelo economico, ma soprattutto morale e culturale di questo nuovo millennio, sono tutti in fila pronti a supportarli.

Ma perché vi volete fare del male? Se andate a votare accadrà questo:

- li legittimate a bastonarvi (il conto alla fine lo dovrete pagare voi);
- li incoraggiate a fare quello che han sempre fatto (con i risultati che vediamo);
- li fate sentire persone serie, credibili ed intelligenti (quando proprio non lo sono);
- li fate sentire i vostri leader (mentre sono soltanto dei sociopatici);
- li fate entrare in un mondo di privilegi (col cavolo che se ne priveranno, tanto il conto lo pagate sempre voi);
- togliete un paio di braccia ad un lavoro più produttivo;
- affidate la risoluzione dei vostri problemi a gente che vuole solo controllarvi e che costruirà attorno a voi ancora più burocrazia e regole insensate (la causa principale dei vostri problemi);
- li autorizzate a spremervi, a controllarvi ancora di più.


Tanti mi dicono che se non voti, allora voterà un altro al posto tuo. E allora? Sai che incisività! Per i prossimi quattro anni e dieci mesi non sarete nient’altro che uno strato di terra da calpestare ed un portafoglio da svuotare. Ma li avrete comunque incoraggiati, vi ripeteranno all’infinito “Abbiamo avuto il mandato degli italiani a governare”.

Quello che determinerebbe ogni cosa, quello che li metterebbe in riga e li spaventerebbe sul serio è la mancanza di denaro nelle casse del forziere.
Sì, mi piace quello che stai facendo, quindi ti do la monetina.
No, stai facendo una sacco di cazzate, non ti do la monetina e questo mese rimani senza stipendio.

Questo sarebbe il vostro unico e vero voto utile: una partecipazione volontaria e non coercitiva alla fiscalità generale! Ma questa facoltà viene negata espressamente addirittura nella costituzione, ve l’ha detto il giullare Benigni?

Partecipate pure alla gara di polli che sta per cominciare. Tanto l’esito e’ irrilevante.




Perché non voto
Gianna Bonacorsi

Li vedo ogni giorno, tutti. Li ascolto pure, li leggo, nonostante un forte istinto che mi spingerebbe a ignorali perché quello che dicono ce l’ho in memoria da anni.
Sono prevedibili, anche se non mancano di fantasia. D’altra parte cosa mai possono dire se non quello che la gente vuole sentirsi dire? Cosa mai possono promettere se non quello che le persone desiderano? Adesso ci sono pure i mezzi per sondare meglio le aspettative, per misurare l’umore e per controllare il gradimento. 
Dunque è più che semplice impostare una campagna elettorale e presentare programmi per attirare preferenze ed è più che logico che l’unica maniera per sminuirsi a vicenda è promettere di più e più in fretta degli altri, anche se non è vero, anche se non sarà possibile, anche se ormai è talmente chiaro che, una volta seduti là, le promesse, e ci metto pure la buona fede di qualche raro purista, svanirà di fronte a qualcosa di più incisivo e determinante: il sistema. 
Quel sistema per il quale non possiamo esprimere né dissenso né consenso, quel sistema di cui siamo semplici ingranaggi e a cui non fa un baffo servirsi di questo o quell’altro per esprimere le sue potenzialità.
Dicono che votare è un diritto e un dovere.
Suppongo che il diritto sia quello di poter esprimere la propria opinione delegando qualcuno a rappresentarmi là dove io non posso stare, ma se la mia fiducia è stata da sempre disattesa che me ne faccio? Me lo tengo lo stesso dicendo che non mi fido di nessuno e agendo coerentemente.
E il dovere? Ho il dovere di dire chi voglio a comandarmi? Che assurdità è mai questa? Ho sempre avuto un’allergia congenita ai doveri quando implicano una costrizione. La vita è piena di doveri che ci si ritrova sulle spalle senza averne chiesto il peso; questo me lo risparmio, non sento nessun dovere verso uno stato che non mi ha mai tutelato, che non mi ha mai ascoltato e che ha contribuito a lastricare la mia esistenza di ostacoli insormontabili.
Dicono pure che votare sia fare una scelta. 
Sì, scegliere chi nei prossimi anni si arricchirà alle mie spalle mentre fa finta (o nel caso più utopistico cerca di farlo inutilmente) di governare. No, grazie, non faccio questa scelta, non serve che la faccia, tanto si arricchiranno comunque anche senza il mio permesso perché non sono io che glielo posso permettere o meno, ma è il sistema che glielo permette, indipendentemente dalla scelta mia e di quella di altri cinquanta milioni di Italiani.
E anche quella di votare il meno peggio non mi va giù proprio per niente. Da che mondo è mondo le scelte si fanno fra i migliori, altrimenti ci si tira la zappa sui piedi e basta. Votare il meno peggio vuol dire rassegnarsi e se c’è una cosa che non so fare è proprio quella.
Ecco perché non voto. Perché non voglio riconoscere col mio voto voto la legittimità di un sistema che secondo me è iniquo e illegittimo, perché dico “no” a questo modo di chiederci il ”permesso” di comandare, perché penso che nessuno debba comandare su nessuno.
E prima che qualcuno mi dica che non votando farò il loro gioco, io dico che andrò alle urne e, rischiando la lapidazione, farò verbalizzare il mio dissenso. Contenti?

Fonte: http://vololibero-nonvogliomicalaluna.blogspot.it/2013/02/perche-non-voto.html



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