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sabato 2 marzo 2013

21 Anni e Arrendersi


Cultura e Società
Di articoli ironici non ne scrivo più, non ne vale la pena. Nemmeno gli articoli seri valgono più la pena di essere scritti, ché tanto se sono troppo seri non se li caga nessuno, e se non se li caga nessuno tanto vale limitarsi a parlare fra sé e sé come li matti. Rimangono gli articoli mediocri, quelli che potrebbero essere seri ma sono nati senza ambizioni, con l’unico scopo di comunicare qualcosa di non troppo importante così da rendere la cosa breve e poco articolata. Forse, in un’ottica più logica, questi sarebbero gli articoli più inutili da scrivere, come quello che scrive della litigata con la ragazza alle quattro del mattino. E chi se ne fotte?

Se c’è una cosa che ho imparato negli ultimi giorni, è che in questo paese stiamo iniziando tutti a diventare pericolosamente intolleranti. Saranno le elezioni forse, che come ha fatto notare giustamente Peppe tirano fuori il peggio di ognuno di noi e lo catapultano su chi ci troviamo davanti, come un conato di vomito trattenuto fino all’ultimo momento. Già, l’immagine non è delle migliori, ma per molti aspetti corrisponde alla realtà.


Io non so più cosa pensare, non ho più nemmeno voglia di confrontarmi con gli altri, di ascoltare le altrui opinioni, di esporre la mia, di produrre soluzioni, di giudicare l’operato di chi è andato in Parlamento, di firmare petizioni o cercare di inventarmi battute da propinare ai pochi twitteroli che mi seguono.

Per quanto io mi sforzi di pensare il contrario, alla fine hanno ragione Lello e François-Marie Arouet quando dicono che è inutile tutto questo lavoro. Per quanto io apprezzi il dialogo e il confronto, per quanto io li ritenga necessari, ho capito che non sono abbastanza. Non lo sono, soprattutto, in un paese che non è abituato a dialogare, che mostra aperture solo verso il simile, che l’unica forma di critica che conosce è la polemica estrema in cui una ragazzata viene paragonata a un crimine, l’inesperienza alla corruzione, l’imprecisione all’ignoranza.

Siamo un paese di estremisti: o ci esaltiamo troppo o ci arrendiamo, o critichiamo tutto o idolatriamo il nulla che ci circonda, o proviamo a fare qualcosa mettendo a rischio finanche le ultime certezze rimasteci o demoliamo gli altrui tentativi prima ancora che siano stati messi in atto. Non conosciamo mezze misure, neanche quando scendiamo a compromessi.

Forse ho solo esaurito gli argomenti da trattare. Forse nella mia strada costellata di persone di ogni età e religione, di ogni pensiero politico o estrazione sociale o provenienza culturale, ho detto e ascoltato abbastanza per una vita intera, e adesso vorrei potermi riposare in silenzio in un angolino indisturbato, senza dover rendere conto a nessuno, senza che nessuno possa compiere scelte che finiscano per influenzare la mia vita.

A forza di masticare intolleranza, sono diventata intollerante anch’io, tanto che adesso non tollero più neanche i miei stessi pensieri e ragionamenti, le mie stesse inclinazioni, i miei stessi slanci. Ogni articolo che ho scritto in questo posto mi sembra una bestemmia nei miei confronti, ogni commento un’eresia, ogni condivisione un alto tradimento. Questo paese, se ha influenzato la mia persona, lo ha fatto in negativo e degli effetti ne risentirò fino alla morte.

Mi arrendo. Mandatemi in esilio, speditemi su un’isola deserta senza elettricità e acqua calda, senza parenti, senza strumenti. Non darò più fastidio a nessuno, non farò domande, non cercherò risposte. Mandatemi dove la mia libertà d’espressione non possa ledere alcun essere vivente eccetto me, perché da questo momento non rispondo più delle mie azioni. Sono un computer senza antivirus che nel tempo si è ammalato e adesso è andato in tilt, questo è l’ultimo avviso lucido che riesco a lanciare. L’esilio è l’unica cura per certe malattie, l’unica prevenzione per certe linee di condotta inappropriate.

Esacerbate la vostra intolleranza e mandatemi in esilio: a voi non costa nulla e io avrò la mia pace. Ma non chiedetemi di andarci da sola, perché non si è mai sentito di un esilio volontario. Quello ha un altro nome, e non è ciò di cui ho bisogno. Cosa devo fare per ottenerlo?

Fonte: http://www.mentecritica.net/21-anni-e-arrendersi/cuore-di-tenebra/gilda/33638/


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