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giovedì 21 marzo 2013

Massacro silente


Cultura e Società
di Francesco Salistrari
Probabilmente sono fuori dal mio tempo, come fuori posto.
Le mie lunghezze d'onda sembrano superflue quando tento di spiegare cosa provo, del perché mi commuova dinnanzi alla tenerezza della natura, o piango lacrime disperate per uno scempio, l'ennesimo, che infliggiamo a questo mondo.
E' difficile farsi comprendere in questo pietraio di cuori rinsecchiti. Come se la vita che vedo, che osservo, che amo, fosse completamente avulsa dai contesti, fuori portata, inutile drappello di concezioni andate. Ma andate dove? Sparite in quali recessi? Ammesso che siano mai esistite!

Vivo nell'ignoranza più totale, sganciato dal mio ambiente naturale e trapiantato in un giardino senza terra, fatto di cemento e calcestruzzo, acciaio, vetro, transistor, prese elettriche, luci, benzina, rumore assordante.
Come posso esser costretto a non ascoltare la voce del mondo, quella del pianeta, dell'universo stesso?

Frequenze che avverto, ma non colgo.
Accecato, stordito, reso sordo, muto.

Perché non so rispondere alle grida d'aiuto che giungono d'ogni dove, le grida disperate della vita, schiacciata dal peso dell'assurdità, dell'odio, della complicità fraccomoda?
E divento pianto muto. Un pianto che ogni tanto riverso su fogli intrisi d'inchiostro d'anima.

Ma per chi scrivo? Per me? Per i posteri?
Non ho questa capacità.

Le mie parole come lacrime cocenti, si spegneranno presto nel baillame della vita di ogni giorno.Quella stessa vita che non comprendo, che non accetto, che subisco, ma di cui sono pienamente complice.
Complice piangione, o choosy come ha detto una stronza viziata.
E intravedo la mia complicità allo scempio perpetrato ai danni di questa grande incubatrice vagante nel nulla, tra altre infinite incubatrici viandanti.



E non posso fare niente.

Per vivere, per amare e farmi amare sono costretto a cimentarmi con una realtà opprimente di rinunce, delusioni, umiliazioni, rifiuti. Ovunque sorgono muri che mi impediscono la vista di qualcosa. E mi consumo nell'ignoranza e nell'indistinzione farlocca di questo mondo, sganciato e collegato allo stesso tempo. Perché è impossibile comunicare, sentire gli altri, farsi sentire, capire, trasmettere il proprio senso d'impotenza, di paura, di smarrimento dinnanzi a cose che sembrano troppo grandi per essere comprese.

E mentre ascolto impotente il rumore dei cingoli di una guerra imminente, ma che nessuno vede, se non chi la sta preparando da anni, non c'è un solo uomo capace di fermarsi un momento, di pretendere che quel motore infernale che tutti contribuiamo a far girare, si fermi.

Ci hanno tenuto all'oscuro?
Ci hanno ingannati?
Siamo solo pedine?
Siamo vittime o carnefici?
Siamo generali o soldati?
Siamo santi o assassini?
Non ha senso chiederselo.
Perché qualunque cosa siamo, abbiamo tutti perso.

Questo è un gioco in cui nessuno vince, neanche il banco.
E' un massacro silente di opportunità.
Piango lacrime disperate per queste opportunità sprecate, maciullate, ignorate.
E chi può, chi può, comprendere davvero questo pianto?

Ho una penna e un foglio bianco,
mia sola ed unica voce,
il senso di un sogno sulle labbra,
un amaro silenzio come lacrime.


Ho una penna e un foglio,
per dire "Ti Amo" al vento scrosciante,
ho queste mani... e un cuore...
per mostrare al mondo il freddo lacerante.


In questa landa desolata del mio tempo,
nel quale non c'è spazio per i sogni
non c'è luce che scacci le ombre,
non c'è significato al canto di un uccello.


Ho l'anima del viaggiatore,
ma sono forse pianta,
immobile nell'incertezza,
o forse viandante in un mondo senza strade.



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