Effetti Immagini

domenica 10 marzo 2013

CSi 0.0 - Il Piemonte non paga i servizi informatici, mettendo in crisi i fornitori


Economia Finanza
Il Piemonte ha i conti in rosso, da tempo, indebitato com'è ben oltre il collo a un livello tale da non riuscire più a pagare neanche le sue stesse aziende, come avviene per il CSi Piemonte, un consorzio pubblico appartenente a un centinaio di amministrazioni piemontesi: regione, province, comuni, aziende ed enti pubblici.

Foto di Genericitis (flickr.com/photos/genericitis)
Con un organico di 1200 dipendenti e un indotto di centinaia di imprese e di professionisti, il CSi è tra le principali aziende italiane di informatica e fin dagli anni '70 si occupa di servizi informatici per la pubblica amministrazione.

La pubblica amministrazione non trova i soldi per pagare le fatture al CSi che, a sua volta, non paga i fornitori: le aziende che nel 2012 hanno lavorato per il CSi, non ricevono un centesimo da almeno un anno. In teoria, il CSi per salvarsi potrebbe portare in tribunale i conti dei maggiori debitori, la Regione Piemonte e il Comune di Torino, ma regione e comune sono tra i consorziati maggiori, per cui sarebbe come fare causa a sé stessi.

In gioco ci sono circa 8mila posti di lavoro.

Per le imprese più piccole si prospetta il fallimento e la chiusura, mentre le aziende più grandi tagliano sul personale e ricorrono alla cassa integrazione, oppure continuano a lavorare gratis per mantenere un presidio, sperando di tamponare le perdite con i ricavi dagli altri clienti.

Ci sono piccole aziende di 10-15 dipendenti esposte per 1 milione di euro. Non sanno come pagare il personale e i consulenti, schiacciati tra una pubblica amministrazione inadempiente e le banche che non fanno credito. Le banche, infatti, non si fidano della pubblica amministrazione, per cui non accettano le sue fatture come garanzia per concedere anticipi e crediti. A rimetterci infine sono le persone che perdono il lavoro, magari dopo aver lavorato per mesi senza stipendio.



A complicare le cose, abbiamo un mercato dell'informatica drogato dal body rental, letteralmente corpi in prestito, un sistema di lavoratori in affitto che tende a generare grottesche piramidi di subappalti nelle quali, tra il committente e chi effettivamente esegue il lavoro, si sovrappongono a volte anche tre o quattro aziende, ognuna delle quali solitamente vuole un ricarico di almeno il 20%. Il risultato è una massa di informatici sottopagati che lavorano per committenti che invece pagano tariffe gonfiate, per progetti sui quali spesso c'è un ricambio continuo di persone in costante ricerca di una posizione migliore, cosa che solitamente fa salire i costi abbassando al contempo la qualità del lavoro svolto. Chiaramente, in tempi di crisi, il divario tra costi e benefici diventa insopportabile e il sistema implode.

Anche i dipendenti del CSi sono a rischio, perché mancano i soldi per pagare gli stipendi, e per il momento si tampona con la cassa integrazione.

Il CSi vanta un credito con gli enti pubblici di 150 milioni di euro, mentre con i fornitori c'è un debito vicino ai 50 milioni di euro. Basterebbe che la regione pagasse una quota dei suoi debiti per evitare il fallimento di tante piccole aziende e retribuire i lavoratori. 50 milioni è più o meno il costo della stazione internazionale di Susa, la cui costruzione è prevista per il 2014, sebbene anche nella remota ipotesi che il TAV si faccia davvero, non ci passerebbe alcun treno per almeno 20 anni. Si potrebbe rinunciare alla stazione fantasma almeno per qualche anno e pagare i debiti. Oppure si potrebbe rinunciare al cantiere del nuovo grattacelo di 209 metri, più alto della Mole, voluto dal centrodestra, confermato dal centrosinistra e inaugurato in pompa magna dalla giunta Cota di centrodestra; il solo progetto, nel 2010, è già costato 22,5 milioni di euro.

La Regione Piemonte al momento sembra essere in una sorta di pausa di riflessione, non ci sono molte informazioni su cosa si intenda fare per risolvere la situazione, ammesso che la si voglia risolvere, perché pare che gli enti pubblici del consorzio intendano vendere il CSi ai privati. In caso di privatizzazione, probabilmente ci sarebbe un effetto spezzatino: le società per azioni si spartirebbero le attività più remunerative, mentre i debiti finirebbero nello scarto destinato al fallimento, assieme a una parte dei dipendenti che sarebbero licenziati durante la fase di ristrutturazione.

Un aspetto paradossale della vicenda è che alcune aziende fornitrici, benché creditrici in perdita, non possono recedere dal contratto di fornitura senza pagare una penale, per una clausola che scoraggia l'interruzione dei servizi pubblici. Ma, inevitabilmente, se un'azienda fallisce a causa dei mancati pagamenti, penale o non penale a un certo punto il servizio non lo garantisce più. Il rischio è che ne risentano alcuni servizi pubblici importanti, ad esempio in ambito sanitario. Se tuttavia si interrompesse anche il pagamento degli stipendi dei consiglieri regionali, anch'esso gestito dai sistemi informativi, forse le cose prenderebbero un'altra piega.

Fonte: http://www.testelibere.it
Link: http://www.testelibere.it/article/csi-00-il-piemonte-non-paga-i-servizi-informatici-mettendo-crisi-i-fornitori


Nessun commento: