Effetti Immagini

sabato 9 febbraio 2013

PERCHE' NON VOTO


Cultura e Società Politica
di Gianna Bonacorsi
Li vedo ogni giorno, tutti. Li ascolto pure, li leggo,  nonostante un forte istinto che mi spingerebbe a ignorali  perché quello che dicono ce l’ho in memoria da anni. Sono prevedibili, anche se non mancano di fantasia. D’altra parte cosa mai possono dire se non quello che la gente vuole sentirsi dire? Cosa mai possono promettere se non quello che le persone desiderano? Adesso ci sono pure i mezzi per sondare meglio le aspettative, per misurare l’umore e per controllare il gradimento. 
Dunque è più che semplice impostare una campagna elettorale e presentare programmi per attirare preferenze ed è più che logico che l’unica maniera per sminuirsi a vicenda è promettere di più e più in fretta degli altri, anche se non è vero, anche se non sarà possibile, anche se ormai è talmente chiaro che, una volta seduti là, le promesse, e ci metto pure la buona fede di qualche raro purista, svanirà di fronte a qualcosa di più incisivo e determinante: il sistema. Quel sistema per il quale non possiamo esprimere né dissenso né consenso, quel sistema di cui siamo semplici ingranaggi e a cui non fa un baffo servirsi di questo o quell’altro per esprimere le sue potenzialità.
Dicono che votare è un diritto e un dovere. 
Suppongo che il diritto sia quello di poter esprimere la propria opinione delegando qualcuno a rappresentarmi là dove io non posso stare, ma se la mia fiducia è stata da sempre disattesa che me ne faccio? Me lo tengo lo stesso dicendo che non mi fido di nessuno e agendo coerentemente.
E il dovere? Ho il dovere di dire chi voglio a comandarmi? Che assurdità è mai questa? Ho sempre avuto un’allergia congenita ai doveri quando implicano una costrizione. La vita è piena di doveri che ci si ritrova sulle spalle senza averne chiesto il peso; questo me lo risparmio, non sento nessun dovere verso uno stato che non mi ha mai tutelato, che non mi ha mai ascoltato e che ha contribuito a lastricare la mia esistenza di ostacoli insormontabili.
Dicono pure che votare sia fare una scelta. Sì, scegliere chi nei prossimi anni si arricchirà alle mie spalle mentre fa finta (o nel caso più utopistico cerca di farlo inutilmente) di governare. No, grazie, non faccio questa scelta, non serve che la faccia, tanto si arricchiranno comunque anche senza il mio permesso perché non sono io che glielo posso permettere o meno, ma è il sistema che glielo permette, indipendentemente dalla scelta mia e di quella di altri cinquanta milioni di Italiani.
E anche quella di votare il meno peggio non mi va giù proprio per niente. Da che mondo è mondo le scelte si fanno fra i migliori, altrimenti ci si tira la zappa sui piedi e basta. Votare il meno peggio vuol dire rassegnarsi e se c’è una cosa che non so fare è proprio quella.
Ecco perché non voto. Perché non voglio riconoscere col mio voto voto la legittimità di un sistema che secondo me è iniquo e illegittimo, perché dico “no” a questo modo di chiederci il ”permesso” di comandare, perché penso che nessuno debba comandare su nessuno.
E prima che qualcuno mi dica che non votando farò il loro gioco, io dico che andrò alle urne e, rischiando la lapidazione, farò verbalizzare il mio dissenso. Contenti?
 

Nessun commento: