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sabato 11 giugno 2011

L'illusione di unità o integralità dell'uomo (P.D. Ouspensky)


G. I. Gurdjieff Uomo
L'uomo dovrebbe comprendere di non essere uno, ma una moltitudine. Non possiede un Io unico, permanente e immutabile. L'uomo cambia continuamente. In un dato momento è una persona, il momento seguente un'altra, poco dopo una terza e così via, quasi senza fine.
L'illusione della sua unità o integralità è creata nell'uomo in primo luogo dalla sensazione di un corpo fisico, poi dal suo nome che in genere non cambia e infine da un certo numero di abitudini meccaniche che si sono radicate in lui con l'educazione o ha acquisito per imitazione. Avendo sempre le stesse sensazioni fisiche, sentendosi chiamare sempre con lo stesso nome e ritrovando in sé abitudini ed inclinazioni conosciute da sempre, s'immagina di essere sempre lo stesso.
In realtà non esiste unità nell'uomo, non vi è un centro unico di comando, né un 'Io' o un ego permanente.
Ogni pensiero, ogni sentimento, ogni sensazione, ogni desiderio, ogni 'mi piace' o 'non mi piace' è un 'io'. Questi 'io' non sono collegati fra loro né coordinati in alcun modo. Ognuno di essi dipende dal mutare delle circostanze esteriori e dal variare delle impressioni.
Un certo 'io' automaticamente ne fa saltar fuori tutta una serie; alcuni sempre appaiati ad altri. In questo tuttavia non c'è né ordine, né sistema.

Alcuni gruppi di 'io' sono collegati naturalmente, ma di questi parleremo più tardi. Per ora dobbiamo cercare di comprendere che certi gruppi di 'io' sono unicamente collegati da associazioni accidentali, da ricordi fortuiti, o da somiglianze del tutto immaginarie.
Ciascuno di questi 'io' rappresenta, ad un dato momento, soltanto un'infima parte delle nostre funzioni, ma ciascuno di essi crede di rappresentare il tutto. Quando l'uomo dice 'io', si ha l'impressione che parli di sé come totalità, in realtà, anche quando egli crede che sia così, non si tratta che di un pensiero passeggero, di un umore o di un desiderio che passano. Un'ora dopo egli può averlo completamente dimenticato ed esprimere con la stessa convinzione, un'opinione, un punto di vista o degli interessi opposti. La cosa peggiore è che l'uomo non se ne ricorda. Per lo più da credito all'ultimo 'io' che ha parlato, fin quando dura, cioè fino a che un nuovo 'io', talvolta senza alcuna relazione con il precedente, non abbia espresso con maggior forza la sua opinione o il suo desiderio.
da L'evoluzione interiore dell'uomo di P.D. Ouspensky
Pagina 29,30,31 - Prima Conferenza


L'uomo non ha individualità. Non ha un grande 'Io' unico. L'uomo è diviso in una moltitudine di piccoli 'io'.
Ed ogni piccolo 'io' separato è capace di chiamare se stesso col nome della Totalità, di agire in nome della Totalità, di fare delle promesse, prendere delle decisioni, essere d'accordo o non essere d'accordo con quello che un'altro 'io', o la Totalità, dovrebbe fare. Questo spiega perché la gente prende così spesso delle decisioni e le mantiene così raramente. Un uomo decide di alzarsi presto, cominciando dall'indomani. Un 'io', o un gruppo di 'io', prende questa decisione. Ma l'alzarsi è una cosa che riguarda un'altro 'io', che non è affatto d'accordo, e che può persino non essere stato messo al corrente della cosa. Naturalmente quest'uomo continuerà a dormire il mattino seguente e la sera deciderà di nuovo di alzarsi presto. In certi casi questo può comportare conseguenze molto spiacevoli. Un piccolo 'io' accidentale può, a un certo momento, fare una promessa, non a se stesso, ma qualcun altro, semplicemente per vanità o per divertimento. Poi scompare, ma l'uomo, ossia l'insieme degli altri 'io' che sono assolutamente innocenti, dovrà forse pagare per tutta la vita per questo scherzo. E' la tragedia dell'essere umano, che qualunque piccolo 'io' abbia così il potere di firmare assegni e cambiali e che sia in seguito l'uomo, ossia la totalità, che debba farvi fronte. Vite intere trascorrono così,  per regolare dei debiti contratti da piccoli 'io' accidentali.
Gli insegnamenti orientali contengono varie immagini allegoriche che cercano di ritrarre la natura dell'essere umano da questo punto di vista.
Secondo uno di essi, l'uomo è paragonato a una casa senza Padrone né sovrintendente, occupata da una moltitudine di servitori che hanno interamente dimenticato i loro doveri: nessuno vuole fare ciò che deve; ognuno cerca di essere il padrone, non fosse che per un momento, e, in questa specie di anarchia, la casa è minacciata dai più gravi pericoli. La sola speranza di salvezza è che un gruppo di servitori più sensati si riuniscano ed eleggano un sovrintendente temporaneo, cioè un sovrintendente delegato. Questo sovrintendente delegato può allora mettere gli altri servitori al loro posto, e costringere ognuno a fare il proprio lavoro: la cuoca in cucina, il cocchiere nella scuderia, il giardiniere in giardino, e così via. In questo modo, la 'casa' può essere pronta per l'arrivo del vero sovrintendente, il quale a sua volta preparerà l'arrivo del vero Padrone.
Il paragone dell'uomo con una casa che aspetta l'arrivo del padrone è frequente negli insegnamenti orientali che hanno conservato tracce dell'antica conoscenza e, come sapete, questa idea appare sotto varie forme, anche in molte parabole dei Vangeli.
da Frammenti di un Insegnamento sconosciuto di P.D. Ouspensky
Pagina 70,71 - Capitolo Terzo

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